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TAPPA 1 : BERGAMO-SELVINO

Salmezza località montana situata nel comune di Nembro sul percorso dell'antica Via Mercatorum e luogo natio del pittore Enea Salmeggia detto Talpino

Luogo natio del pittore Enea Salmeggia detto il Talpino

La Via Mercatorum è un percorso montano che, per direzioni traverse, univa Bergamo e la Val Seriana con l'alta Val Brembana e con i valichi orobici.

La sua origine e anche la sua denominazione non è sempre comprovata dalle fonti antiche. Si tramanda però la tradizione di una via utilizzata dai mercanti - da cui il nome - e ancor più dai pastori transumanti fra le valli della Bergamasca.

Alcuni autori spiegano la densità dei percorsi in questa parte delle vallate orobiche con la rilevanza che ebbero Dossena, centro minerario e pieve cristiana con vaste pertinenze, e Serina, capoluogo della Quadra di Valle Brembana superiore sotto Venezia, e del XX Distretto del Dipartimento del Serio, sotto Napoleone.

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Vi convergevano strade da soma che non rispondevano esattamente al criterio apparentemente più semplice, quello cioè di scendere o risalire una vallata lungo il suo corso d'acqua, bensì di travalicare le montagne senza preoccuparsi delle lunghe e faticose ascese.

Per questo possiamo parlare di una via 'traversa', che consentiva però ai mercanti di raggiungere anche i borghi più lontani, anch'essi bisognosi di forniture, di scambi e commerci: il sale, lo zucchero, il vino, i semi, i teli di cotone, gli arnesi da lavoro e da caccia

Il Borgo

Il piccolo borgo di Salmezza si trova in una conca naturale situata ad un’altezza di circa 1.000 mt tra il monte Podona ed il monte Filaressa, raggiungibile a piedi attraverso l’antica “Via Mercatorum” un sentiero utilizzato dai commercianti fin dal XIII secolo e che collegava Nembro a Cornello dei Tasso in valle Brembana.

In questo borgo, forse, vi erano depositi di sale. Tradizionalmente si fa risalire  il nome Salmetia proprio a quest’attività che serviva probabilmente a soddisfare il fabbisogno delle Valli Seriana e Brembana.

Ora quell’antica via è percorribile utilizzando i sentieri CAI 535 e 534 che dal centro del paese di Nembro portano nella frazione in circa 1.30 ore, con un dislivello di circa 600 metri.

Salmezza è noto anche per aver dato i natali al pittore Enea Salmeggia detto il Talpino

Giovan Battista Moroni non ebbe, come è noto, allievi e la tradizione che vorrebbe Gian Paolo Lolmo quale unico artista   formatosi proprio nella bottega del maestro albinese pare priva di fondamento anche perché non supportata da conferme documentarie. Quindi il Moroni non ebbe allievi ma certamente ci furono, diciamo così, degli epigoni : due su tutti il Cavagna e il Salmeggia. “Vivevano allora due valorosi artefici del tutto moderni nello stile, il Salmeggia e il Cavagna, che in gara onesta competerono molti anni, servendo alla patria loro….” (Lanzi 1795-’96)

Enea Salmeggia era  detto il Talpino e non il contrario dato che così egli stesso si firma nella Adorazione dei Magi di Santa Maria Maggiore a Bergamo  e nei documenti rimasti. Il tentativo di mettere a frutto l’eredità del Moroni è evidente nella più antica opera conosciuta: la Pietà con i Santi Rocco e Sebastiano di Riva di Solto che porta la data del 1589.  E sono proprio le opere a cavallo tra gli anni 80’ e 90’ a confermare questa sorta di “passaggio di consegne” tra il Moroni e il Salmeggia.  Non a caso tra gli artisti lodati dal citato abate Lanzi per la grande sensibilità e maestria nell’uso del colore, il Salmeggia, occupa un posto di rilievo in quella parte del suo monumentale lavoro dedicato alla scuola lombarda e a quella veneta.

Ma cosa sappiamo di Enea Salmeggia?

Non molto! Partiamo da questo strano soprannome: perché “Talpino”? Nessuno si è mai chiesto il motivo. Ecco i dati certi: Enea nasce da un Antonio Salmeggia o Salmezza in data imprecisata; una nota ottocentesca , in calce all’atto di morte del pittore…”sostiene che il nome patrimoniale dello stesso era Ghirardi, Gherardi o Gerardi , esistendo ancora questa famiglia in Salmezza e detti Tempini, per soprannome, ma tale notizia pare incontrollabile  anche se nel 1555 è citato un Gian Antonio fu maestro Francesco Fagnaco detto Talpino…ed in un atto di Orazio Venturelli presso i Carmelitani della Ripa di Desenzano si riferisce che un Lorenzo Talpino de’ Girardi era di Salmezza”(Ruggeri 1978). Quindi “Talpino”, un soprannome ereditato? Una strana ipotesi: talpini perché poco vedenti come le talpe o talpini da talpa, parola che viene anche usata per indicare una varietà di colori. I colori che denota rientrano in una gamma che va dalla bronzatura scura al grigio-marrone.

Torniamo ad Enea: scarsissime, dicevamo, le notizie di carattere personale. Nasce certamente nel borgo di Salmezza a nord ovest di Selvino, ma la data di nascita è solo “ipotetica”: alcune fonti la collocano intorno al 1546-1558, una data troppo precoce che andrebbe posticipata intorno al 1575 visto che il padre di Enea fece da “mallevore e da testimonio” del figlio nel contratto di allogazione dell’Adorazione dei Magi di Santa Maria Maggiore del 1594. Infine, ed è l’argomentazione più convincente, le opere documentate del Salmeggia esistono solo a partire dal 1590. Enea cresce certamente nel borgo S. Leonardo di Bergamo. Risulta infatti che il padre Antonio de Fagnano da Salmezza detto Talpino di professione sarto, abitasse il borgo alla data del 3 ottobre 1580.

Ed eccoci ad un’altra notizia poco attendibile ossia quella di un soggiorno a Roma durato 14 anni e dedicato allo studio delle opere di Raffaello. Forse per questo qualcuno lo definì, e ancora lo definisce “il nostro Raffaello” senza notare quanto il paragone penalizzi pesantemente Enea Salmeggia.  Si può vagamente accennare a una sorta di “raffaellismo” nelle sue opere, ma si tratta di una influenza certamente indiretta mediata da stampe o da esempi lombardi (il Luini o Cesare da Sesto tra gli altri ) . Aggiungerei che l’ostentato “raffaellismo“ si nota solo in una seconda fase della sua attività, mentre nelle opere giovanili il pittore rimane certamente più debitore dell’arte dell’Italia settentrionale , tra Lombardia e Veneto.

Enea fu invece certamente attivo a Milano ove ricevette commissioni di una certa importanza: una su tutte il Matrimonio della Vergine in Duomo, opera commissionatagli nel 1598 e saldata nel 1601. Interessante un passaggio del contratto di allogazione:”…cum fuerit significatum venerando capitulo quanta integritate et excellentia valeat Aeneas Salmezius bergomensis in arte picture”. A Milano lavorerà anche per la Certosa di Garegnano, Santa Maria della Passione, San Vittore al Corpo, San Simpliciano e San Paolo alle Monache.

Quali i contatti con l’ambiente milanese? Il 30 giugno del 1594 il Salmeggia, non ancora maggiorenne, poiché all’atto, come detto sopra, era presente il padre , fu incaricato di eseguire le ante per l’organo della basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo. In questa occasione conobbe l’artista milanese Camillo Procaccini e il 5 ottobre 1594 fu testimone per il pittore alla stesura del contratto per la tela dei Dodici Apostoli, collocata qualche mese dopo nell’abside della basilica.

Un’altra ipotesi: essendo il cognato Pietro Antonio Daverio attivo come scultore nel Duomo dii Milano potrebbe essere stato uno dei tramiti per la presenza del Salmeggia nella metropoli lombarda

L’impegno per il duomo rappresentava la consacrazione definitiva a Milano per il pittore, che si accaparrava anche l’incarico per una tela con la Madonna in gloria e i ss. Gregorio e Carlo Borromeo (ora Milano, Civiche raccolte d’arte del Castello Sforzesco) da collocare nella cappella di S. Maria della Neve nel Broletto

Andiamo oltre

Sappiamo che Enea contrasse matrimonio con Vittoria Daverio (sorella del citato scultore) e che ebbe sei figli: Dorotea e Isabella, morte di peste, Agata Giovanna, Chiara, Elisabetta e Francesco, questi ultimi pittori come il padre. Con il figlio Francesco mise anche bottega. Tuttavia né Chiara né Elisabetta  (di cui mancano notizie documentarie e opere certe ) né Francesco  ( morto anch’esso a causa della peste del 1630) raggiunsero il livello artistico del padre .

Ritorniamo ad Enea: parallelamente all’attività a Milano lavora intensamente per Bergamo e provincia. A partire dal 1600 abbiamo un susseguirsi frenetico di incarichi. Soprattutto in provincia l’artista perfeziona quella tendenza ad una organizzazione semplificata e efficace della pala sacra per andare incontro al gusto delle gerarchie ecclesiastiche e degli ordini religiosi.  Enea Salmeggia era dunque ormai affermato in città anche  sostenuto dalla fama che si era acquistata a Milano, e proprio in questo frangente  si trova a “competere” con Gian Paolo Cavagna cui il Salmeggia dovette apparire come  un concorrente non facilmente superabile.

Tale rivalità trova eco nelle lunghe trattative svolte nel 1615 dai Reggenti della basilica di S. Maria Maggiore per la decorazione della cupola. Per superare l’ostacolo era stata presa una decisione salomonica: il riquadro centrale con l’Incoronazione della Vergine sarebbe stato dipinto dai due pittori, e poi si sarebbe estratto a sorte la parte toccata a ciascuno. La decisione non dovette essere gradita al Salmeggia, che scrivendo al ministro per rifiutare l’incarico così concludeva: "et così chi più di me desidera tal opera haverà il campo libero” riferendosi probabilmente al rivale.

La vicenda in qualche modo si ripete col Martirio di Sant’Agata per la chiesa del Carmine del 1620 e, soprattutto col Martirio di Sant’Alessandro per Sant’Alessandro in Colonna assegnatogli il 5 settembre 1621 ancora dopo una gara con in Cavagna e lo Zucco. L’opera verrà terminata nel 1623 e di lì a non molto, il 23 febbraio del 1626,  Enea moriva a Bergamo e veniva sepolto proprio nella Chiesa di Sant’Alessandro in Colonna, la parrocchia dove aveva abitato per gran parte della sua vita.

Ma un altro “giallo” riguarda proprio la sua morte :”Morì Enea Salmeggia l’anno 1626 lasciando una figlia pittrice e Francesco pittore …un prete suo cugino detto don Sebastiano Salmeggia Talpino per i debiti d’Enea ripudiò l’eredità , e così Marc’Antonio Cesareo , altro scolaro di Enea , s’appropriò con buon titolo tutti i disegni rimasti nella morte di Enea ( Nicodemi 1956).  Tali disegni devono probabilmente essere identificati con quelli conservati in gran numero presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.  Rimane il “giallo” mai chiarito di una artista di fama molto attivo e richiesto che contrasse tanti debiti da obbligare don Sebastiano Salmeggia a rifiutarne l’eredità!

Ripercorreremo le testimonianze più significative lasciate da Enea Salmeggia nella nostra Valle . Sono circa un centinaio  e sarò costretta a fare una scelta , il più possibile significativa.

Il viaggio nel mondo artistico, semplificato, di Enea Salmeggia inizia a Ranica, nella Chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Fratelli Martiri  con due dipinti databili entro il primo decennio del Seicento:  la Flagellazione di Cristo e l'Incoronazione di spine.

Ad Alzano abbiamo la  Discesa dello Spirito Santo . Il dipinto proviene dalla vecchia chiesa parrocchiale è sicuramente posteriore al 1609. Interessante quanto scrive il Tassi ( 1793) che segnala un autoritratto dell’arista “nella figura che guarda il popolo”. Si tratta probabilmente del personaggio all’estrema destra . Attorno alla Vergine, che tiene un libro aperto sulle ginocchia, vi sono gli apostoli in atteggiamento di preghiera. Per questo spazio articolato intorno al piedistallo della Vergine e la grandiosità della  definizione plastica è stato giustamente sottolineato un possibile riferimento tizianesco o, aggiungerei, veronesiano .

Ad Albino Salmeggia è presente in numerose chiese sia del capoluogo che delle frazioni .

Nella frazione di Vall’Alta  (Chiesa di Santa Maria Assunta e Giacomo) troviamo la pala  dei  Santi Antonio Abate Rocco e Cristoforo

L’opera firmata e datata in basso in basso a sinistra “Aeneas Salmetius Bgmas MDXCVII”. Si tratta di un’opera solo  apparentemente minore ,in quanto  costituisce uno dei punti saldi della produzione giovanile dell’artista ove si nota il suo “guardare” con attenzione al Lotto e al Moroni. Del Moroni sicuramente riecheggia il San Cristoforo della Crocefissione di Seriate mentre il San Giovanni Battista pare molto vicino al San Sebastiano della   pala di Santo Spirito a Bergamo.

Sempre ad Albino, presso il Santuario della Madonna del Pianto troviamo la Deposizione di Cristo che meglio intitolerei Compianto su Cristo morto.

Altra pala firmata e datata :”Aeneas Salmetia F MDCXXIIII”. Per l’opera si sono fatti riferimenti a Taddeo Zuccari o a Luca Cambiaso anche se, soprattutto nella figura della Maddalena mi pare evidente il riferimento, ancora una volta, al Moroni della Deposizione di Gandino  (ora Accademia Carrara). Ma quello che appare qui estremamente interessante è il paesaggio che “circonda” la composizione. Come scrisse Giovanni Testori che rivolge la sua attenzione ai “paesaggi , gli interni di paesi , i casolari :la vena rustica….che pure nella materia sfilacciata offrirà qualche nuova emozione”

A Nembro troviamo ben 25 opere di Enea; tra esse Cristo Crocefisso con i Santi Bernardino e Francesco e un donatore collocata nel terzo altare a sinistra della Chiesa di San Martino.

L’opera, datata e firmata:”Eneas Salmetia F. MDCXV”, dimostra ancora l’interesse dell’artista per il Moroni “sacro”, la cui Crocefissione nella Parrocchiale di san Giuliano ad Albino è qui chiaramente ripresa. Tuttavia il Salmeggia rivisita l’opera del Moroni dando maggior risalto alla “comunicazione” coi fedeli decisamente coinvolti dai gesti e nelle espressioni dei due Santi (in particolare di San Bernardino a sinistra) .

Anche Pradalunga annovera un gran numero di opere di Enea (17 ) . Nella Chiesa di Santa Lucia della frazione di Cornale troviamo il dipinto Santa Maddalena, Santa Lucia e Santa Apollonia.

Sempre al primo decennio del Seicento si ascrive La Vergine del Rosario e i Santi Francesco, Domenico, Rosa da Lima e Orsola, nella Chiesa di San Giorgio a Fiorano Il dipinto è firmato e datato su un cartiglio in basso a destra “Eneas Salmetia F. 1609”.

L’opera ha riferimenti evidenti alle pale bergamasche di Lorenzo Lotto, in particolare a quelle  di San Bartolomeo e san Bernardino in Pignolo. Da essi riprende l’andamento caratterizzato da una circolare di ritmi curvilinei che confluiscono al centro  ove protagonista è  la Madonna col Bambino. I colori sono sfumati e distesi …una sorta di “bagno tonale entro il quale si svolge anche la regia dei gesti dei devoti” ( Ruggeri 1978)

A Vertova , nel primo altare a destra della Chiesa di Santa Maria Assunta, troviamo un’opera proveniente dall’Oratorio di san Patrizio in Colzate: Madonna in trono col Bambino e i Santi Giovanni battista, Patrizio, Marco e Pietro. Il dipinto è firmato e datato alla base del trono “Aeneas salmetia F. MDCXI”. Ancora una volta il Salmeggia si ispira qui al Lotto( San Bernardino e Santo Spirito in particolare)

In basso, al centro, troviamo un’arma con due leoni rampanti contrapposti, con fiaccola accesa al centro, e, ai lati dello stemma , le lettere “M.Z.”  Si tratta dello stemma della famiglia Zollio, probabilmente committente dell'opera. La famiglia Zollio, ascritta alla nobiltà veneziana e arricchitasi per via dei commerci, era originaria di Vertova.

 

Ed eccoci a Parre col Battesimo di Cristo  collocato nel terzo altare a destra della Chiesa di San Pietro. Qui il Salmeggia riprende, a qualche anno di distanza il tema affrontato per la prima volta nel Battesimo di Cristo della Chiesa del Carmine a Bergamo con esiti che ricordano tanto il Moroni quanto il Cavagna. Per questo possiamo ascrivere l’opera alla prima  maturità dell’artista, quindi cronologicamente  non lontano  dalla pala di Vall’Alta . Qui si nota tuttavia una scelta diversa nelle cromi caratterizzate da una gamma di colori squillanti e smaltati. Da notare la tipica fisionomia dell’angelo che regge il drappo rosso che ritroviamo in altre opere di Enea, ma anche in alcune , tra le poche “superstiti” attribuite ai figli Francesco e Chiara

 

A Gromo  presso l’altare maggiore della Chiesa di san Gregorio:  Madonna in gloria coi Santi Gregorio e Carlo. Il primo documento che indica la commissione di questa pala risale al 29 aprile 1621. Ne risulta che Don Francesco Scuri pagò al pittore Enea Salmeza talpino Pittore di Bergamo 5 zecchini come buon conto e caparra per un quadro che doveva essere eseguito per la chiesa di San Gregorio con una spesa totale preventivata in 62,10 lire. Successivamente Donato Ginami, proprietario del palazzo Buccelleni-Ginami, provvide al pagamento di altre 139,10 lire, e il saldo dell'opera avvenne nel febbraio del 1626 con altre 70 lire che furono documentate come contributo di tutta la comunità cittadina

La tela è una Sacra conversazione  che riprende il dipinto eseguito precedentemente, datato 1603 e conservato a Milano nella Pinacoteca del Castello Sforzesco, dove anziché san Gregorio è raffigurato sant'Ambrogio. Nella parte inferiore si riconosce   il paese di Gromo così come si presentava nei primi anni del XVII secolo, ed è una testimonianza importante in quanto illustra  quello che sarebbe pochi anni dopo andato completamente distrutto dalla frana del 1666.

 

 

La nostra ultima tappa ci porta a FINO DEL MONTE. Nell quattrocentesca Chiesetta di San Salvatore troviamo una preziosa pala d’Altare, opera di Enea Salmeggia: Trasfigurazione di Gesù Cristo sul Monte Tabor, databile al 1621.

Come nell’analoga opera realizzata per la Chiesa di S.Alessandro in Colonna, a Bergamo, l’artista illustra perfettamente la scena di Gesù che, in preghiera sul monte Tabor, conversa con Mosè ed Elia del suo supremo atto d'amore: la morte in croce. In questo momento Egli rivela un raggio della bellezza di Dio: "il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante", scrive s. Luca. Da sottolineare la ricerca di particolari effetti luministici: la luce si riversa come una cascata dallo sfondo sui primi piani, individuando le forme in controluce.