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Arte & Cultura

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TAPPA 2 : SELVINO-VERTOVA

Monte Cornagera

La Cornagera, visibile sia da Albino che da Pradalunga e  Aviatico . Questo massiccio roccioso  è una presenza silenziosa ma costante nella vita degli abitanti della Val Seriana.

La  Cornagera è una piramide aguzza disegnata e modellata da secoli di venti e piogge, scalfita da profonde scanalature e torrioni.

Il Monte Cornagera, (1311 m)  svetta sull'altopiano di Aviatico e costituisce una parte un po' più selvaggia e spettacolare della bassa valle Seriana grazie alle numerose conformazioni rocciose che rendono l'avvicinamento alla vetta più suggestivo. Totalmente compresa nel territorio del comune di Aviatico, svetta sull’omonimo altopiano, mostrandosi con la sua caratteristica forma piramidale a gran parte della pianura centrale lombarda, alla media valle Seriana, permettendo la vista di gran parte delle Orobie, tra cui la Presolana, ma anche delle Alpi Pennine, in particolar modo del monte Rosa.

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Le sue pareti rocciose ed i suoi torrioni sono considerati una rinomatissima palestra per quanto concerne l’arrampicata, tanto da essere frequentati da alpinisti già nei primi anni del XX secolo

È la struttura geologica a rendere particolare questa montagna: la dolomia di cui è composta è stata interessata, nel corso dei secoli, da piccole frane, dovute al lento spostamento della corpo centrale verso ovest, con il conseguente sbriciolamento di piccole pareti, creando le forme caratteristiche tuttora visibili.

Originariamente identificata con il nome latino "Ruina" (indicante la grande quantità di detriti e sfasciume di pietre, visti come fossero delle macerie), deve l'origine dell'attuale denominazione al dialetto locale, dall’unione cioè  di Corna (Roccia appuntita) e gera (ghiaia), toponimi che rendono l’idea di questa montagna, costituita da rocce appuntite e da ghiaioni che le circondano alla base. Vi troviamo il torrione Longo, il torrione Garlini, la torre Savina e la doppia cima dei Gemelli, separata da un'angusta forcelletta. Essendo le pareti di questo gruppo dolomitico volte a mezzogiorno hanno il pregio di conservarsi senza incrostazioni ghiacciate: perciò la primavera è la stagione adatta per le ascensioni.

Nel corso della storia è anche stata utilizzata come riparo dagli abitanti dei borghi sottostanti. Le cronache riportano infatti che parte della popolazione di Aviatico si rifugiò nel 999 nelle grotte e negli anfratti esistenti. Nel 999 appunto  si ebbe una spaccatura nei nuclei familiari: ciò perché un gruppo di vandali di passaggio allo scopo di trovare il terreno adatto alle rapine, divulgò la voce che il mondo sull'alba del mille si sarebbe disciolto nel nulla. A quel pronosticato cataclisma i componenti di alcune famiglie presi da atroce panico abbandonarono le loro rustiche dimore e dopo aver vagato sgomenti nei boschi dei monti posti a levante, si nascosero entro oscuri antri della Ruina (ora Cornagera). Vi rimasero terrorizzati per alcuni tempi: poi passato il mille senza la «fine del mondo» pronosticata, pochi fuggitivi ritornarono ai loro saccheggiati tuguri; gli altri si orientarono verso la parte bassa e fondarono i primi centri di Ama, Amora e Ganda.

Altra occasione si verificò nel 1630, quando le milizie dei Lanzichenecchi scesero in Italia in occasione della guerra di secessione di Mantova e seminarono nella bergamasca il fatale morbo della peste.  La terribile notizia procurò sgomento alla popolazione di Aviatico: alcuni abitanti allo scopo di fuggire alla malattia salirono e si rifugiarono, come avvenne all'alba del mille, nelle forre della Cornagera (alcuni decenni or sono furono trovate nei profondi canaloni delle spoglie umane  risalenti, secondo alcuni studiosi, a quel tempo) ;

Un ultimo esempio è dato dal ritrovamento di una piastrina rappresentante la Madonna, riportante la data del 1944 ed incastonata tutt'oggi in una delle rocce alle pendici del monte, che ha garantito probabilmente un riparo a qualche soldato durante la seconda guerra mondiale. Questi ritrovamenti, uniti alla particolarità della montagna, contribuirono a creare numerosi racconti e leggende che si tramandarono tra gli abitanti della zona.

La Cornagera è ripresa  in molte opere religiose di Giovan Battista Moroni ( Albino 1521 -1578) , certamente il più famoso pittore bergamasco del Cinquecentesco a dimostrazione che il  massiccio roccioso era una presenza silenziosa ma costante nella vita degli abitanti della Val Seriana.

“ Emerge dai verdi intensi e cupi del meraviglioso paesaggio , in un tranquillo succedersi di colline, quel massiccio roccioso che tanto spesso si incontra , in forme pur lievemente variate, ripercorrendo l’opera del Moroni; si potrebbe credere che il pittore girandogli intorno cambiasse ogni volta il punto di osservazione, o forse, più semplicemente , che ogni volta rielaborasse con la fantasia l’immagine della sua Cornagera coi suoi picchi rocciosi “. Giuseppe Frangi

 Monte Poieto

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Il Poieto si innalza per circa 300 metri sopra l'abitato di Aviatico.

Il Poieto si innalza per circa 300 metri sopra l'abitato di Aviatico.: luogo di particolare attrattiva naturalistica, con rocce dolomie e posizione dominante sulla media Valle Seriana. Presenta un ampio pianoro erboso sulla sommità. È un luogo molto frequentato da famiglie e gruppi poiché presenta un albergo-ristorante, aree pic-nic, parco giochi, animali recintati, percorsi MTB e una cabinovia che lo collega ad Aviatico. Sul punto più alto è presente anche una piccola cappella dedicata alla «Madonna della Neve» o «Madonna di Poieto»: la cappella appare tipica e denota la caratteristica dei tempi d'alta montagna.

Dalla cima si gode di una bella visuale sulla bassa Val Seriana e sulla Val Gandino con il Pizzo Formico e il Monte Misma, sui monti Suchello, Alben, Arera e Presolana, sull'abitato di Selvino e sulla pianura bergamasca.

Il Monte Poieto è il luogo ideale per passare una giornata con la famiglia immersi nel verde; il rifugio è un ottimo punto da appoggio e all’esterno i giochi ed il parco daini sono ideali per i bambini.

Partiamo dalla stazione di valle della cabinovia di Aviatico (1023 m), nei pressi della biglietteria, e seguiamo le indicazioni per il “sentiero rosso”.Saliamo lungo i prati fino a giungere alla strada agrosilvopastorale e, continuando sulla stessa, circa 300 m dopo essere passati sotto la bidonvia troviamo l’indicazione per il Monte Poieto (1312 m). Raggiunta la conca dei “Barec”, dove si può ammirare un piccolissimo laghetto ricco di ninfee, ci aspetta l’ultimo strappo nel canalone lungo l’ex pista da sci che ci porta al Rifugio Monte Poieto (1360 m). Da qui il panorama è meraviglioso.. e nelle giornate limpide si scorge la grandiosità del Monte Rosa.

L’alternativa è l’affascinante salita in cabinovia

La nuova cabinovia del Monte Poieto sostituisce la vecchia che, per cinquant’anni, ha portato gli originali arancioni su e giù per i fianchi della montagna. Il nuovo impianto a fune adotta un sistema di cabinovie a due posti (più un bambino, eventualmente), ovviamente chiuse, che permette così di ottimizzare l'utilizzo del rifugio in quota, indipendentemente dalle condizioni climatiche.Le cabinovie sono 72 (a forma esagonale, con la parte bassa in lamiera e la parte alta in vetro), e non 48 come nel vecchio impianto di risalita.

Tutte sono dotate di vetri apribili: anzi, durante la stagione estiva, alcune cabinovie sono completamente aperte. L’altezza media della corda di traino è  più bassa rispetto al vecchio impianto. Inoltre, oltre a mantenere inalterate le precedenti stazioni di partenza e di arrivo, il progetto ha visto  l’apertura di una stazione intermedia, in località “Barek”, così da poter sciare e servire la zona anche se la neve è presente soltanto sulla parte più alta delle piste che scendono verso il paese.

Val de Gru

Un piccolo mondo di natura e tradizioni che è quasi ignorato dagli stessi escursionisti: lo si raggiunge da Orezzo, una frazione sopra Gazzaniga. Lassù sono rimasti solo due fratelli a custodirlo. La loro vita è  fatta soprattutto di lavoro sui pascoli e nella stalla; cose semplici che scandiscono il tempo con ritmi sempre uguali e, in apparenza, monotoni; ma i due fratelli, gli ultimi abitanti di questo angolo della Valle Seriana, non cambierebbero per nessuna altra cosa al mondo.

Dire che quella  del Gru è una valle e nascosta non significa solo cercare un immagine per renderla attraente Anche a ljvello geografico questo angolo delle  Orobie  è u n  solco che si  insinua  appartato  tra le pieghe  della media Valle del Serio.

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Per apprezzare questa piccola borgata occorre u na visione d'insieme che è possibile solo dai versanti del Moonte Poieto situato di fronte e che deve la propria notorietà alla vicinanza con Selvino rinomata località di villeggiatura.

Immersa in una conca di verdi prati, ben inserita nel paesaggio circostante, la c la chiesetta della Trasfigurazione di Cristo, ma meglio nota come chiesa di  San Salvatore sorge su una collinetta in posizione dominante. È una caratteristica cappella votiva le cui origini sono molto antiche. Le prime notizie risalgono alla visita pastorale di San Carlo Borromeo nel 1575 e di San Gregorio Barbarigo nel 1656

Valle Vertova

La Val Vertova è uno degli angoli più suggestivi della media ValSeriana. Un percorso a contatto con la natura osservando favolosi salti d’acqua cristallina, le marmitte dei giganti (modellate nei secoli dalla forza delle acque) e la ricca vegetazione che caratterizza questa valle

Questa valle, che nasce tra i monti Cavlera, Suchello e Alben e si sviluppa sulla destra orografica della valle Seriana per una lunghezza totale di quasi 12 chilometri, è considerata uno dei luoghi più suggestivi e naturalisticamente rilevanti dell'intera provincia.

Ad essa tributarie sono numerose piccole vallette laterali, tra le quali la val Gromalt e la verde val del Gru che nascono tra il monte Poieto ed il monte Cedrina e confluiscono dal versante orografico destro, mentre le piccole val Masma, val di Osei (entrambe si sviluppano dalle propaggini del monte Cavlera), val Lacnì (che si dirama dalla località Dasla) e val Sterladec (che scende dal passo di Bliben) dal versante sinistro.

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La valle è composta principalmente da dolomia. L'azione erosiva dell'acqua su questo tipo di roccia molto dura, ha permesso la formazione di gole, cascate e pozze d'acqua dai colori intensi, accompagnate da fenomeni di carsismo, specialmente nella parte più a monte del torrente.

Le rocce della Val Vertova si sono formate 200 milioni di anni fa migliaia di chilometri più a sud, in ambiente tropicale con mari calmi, bassi e limpidi. E’ in questa situazione che si sono formate le rocce più antiche, con il lento e continuo sprofondamento dei fondali si sono sviluppate estese piattaforme e scogliere costituite da coralli e da alghe che con il tempo si sono trasformate in rocce massicce color rosa o grigio) chiaro (Dolomia Principale). Successivamente un sollevamento ha suddiviso il mondo marino in bacini chiusi e lagune; si sono così formate rocce diverse dalle precedenti, dove ai sottili strati calcarei si alternano argilliti color grigio scuro o nero (Argillite di Riva di Solto e Calcare di Zu ). In seguito, grazie a condizioni climatiche simili a quelle presenti nel periodo di formazione della Dolomia Principale, si sono formate dolomie massicce di colore grigio chiare (Dolomia a Conchodon). Da ultimo si è verificato un generale sprofondamento dei bacini marini con formazione di rocce calcaree stratificate e ricche di selce (Calcare di Sedrina e di Moltrasio). In Val Vertova le rocce affiorano nell’ordine sopra indicato, dalla più antica alla più giovane, solo per la zona orientale, dal fondovalle sino al monte Cedrina (a sud) ed al Cavlera (a nord est). Nella parte restante le cime più alte sono costituite dalla più antica Dolomia Principale, che si trova sopra le più recenti Argilliti di Riva di Solto.

 

La caratteristica principale è data dal microclima in essa presente: correnti d'aria fresca rendono il clima gradevole anche nei giorni più caldi dell'anno, fattore che ha favorito lo svilupparsi di specie animali e vegetali endemiche. La vegetazione è quindi caratterizzata dalla presenza di diverse specie di alberi: numerosi sono frassini, aceri, faggi e carpini neri, con alberi da frutto che producono castagne, ghiande e nocciole.

 

Sulle pendici più scoscese ed esposte al sole, a monte della vallata, si trovano arbusti e prati.

 

Cascate della Val Vertova

Dalla località Cà Rosèt (parcheggio comunale) si imbocca la mulattiera che costeggia il torrente e, dopo averlo guadato due volte, si incontra il ponticello all’altezza dell’immissione del torrente Sterladech nel torrente Vertova; qui è possibile ammirare le splendide Cascate della ValVertova. Proseguendo per altri 20 minuti di cammino, al bivio tra il sentiero 527 e il sentiero 525A, tenere la destra per raggiungere il cancelletto metallico. Riprendere il sentiero 527 e proseguire per altri 30 minuti circa per raggiungere le Sorgenti.

Cascate e cascatelle, ruscelli, forre e marmitte dei giganti modellate dalla forza dell’acqua, severe pareti, ma anche dolci pendii verdi.

Il primo elemento che si intravede è l’azzurro e limpido torrente Vertova, molto importante nella storia della Val Vertova perché consente di approvvigionare il territorio comunale di acqua potabile (grazie ai numerosi immissari localizzati lungo il suo percorso).

Quest’acqua veniva utilizzata anche dagli uomini primitivi: questo lo si può dedurre dalla caverna chiamata Il Fontanì de Gaernài, raggiungibile a piedi con una passeggiata rilassante e tranquilla. Dopo questa caverna si raggiunge ol Poz di Caài (la “Pozza dei Cavalli”): una successione di salti d’acqua e di marmitte incassata in una stretta gola che, grazie all’ampio sentiero tracciato dalle istituzioni, è possibile ammirare in tutta la sua estensione.

Dal Poz di Caài in avanti, il percorso incomincia a risalire. Attraversando di nuovo il torrente si ci si addentra in una gola finendo  sotto un costone della montagna, dalla cui sommità scende un’altissima cascata della Val de Grü, che va a confluire con il Vertova.

 

 

 

Successivamente il paesaggio si richiude bruscamente fra due versanti montuosi molto ripidi al cui interno il torrente Vertova ha scavato un vero e proprio canyon. Dopo la lunga gola si percorre una salita giungendo nuovamente in un’altra gola.

Da questo punto in poi il sentiero si confonde con l’alveo del torrente. Man mano che si procede l’ambiente diventa quasi primordiale: alte pareti rocciose si innalzano ai lati dell’alveo asciutto del torrente. In questo tratto le acque scorrono in sotterraneo e affiorano più a valle dando luogo ad un complesso e straordinario fenomeno carsico. Oltre al sorprendente tragitto del torrente Vertova, non si può fare a meno di intravedere la flora e la fauna di questa valle. Ricca di esseri viventi di varia specie: insetti, farfalle invertebrati molluschi e crostacei.